apr 19, 2012

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Perizia balistica falsa accusa i nostri Marò

“La perizia sui nostri marò?

È un falso clamoroso”

di Gian Micalessin

 

Il perito smonta le accuse degli indiani. Usate due macchine da scrivere con caratteri diversi.

Gli indiani la spacciano per la prova regina, la vendono come la pistola fumante capace d’inchio­dare i marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. In verità le ri­sultanze della perizia balistica passate ai giornali indiani e docu­mentate il 4 aprile dai servizi del TgUno e del TgDue sono un bana­lissimo falso. Un falso confezionato alteran­do i risultati di una perizia capace forse di scagionare i nostri due mi­litari. Una bufala data in pasto a giornali e televisioni per minare le certezze dei nostri diplomatici e convincere l’opinione pubblica indiana e italiana della colpevo­lezza dei nostri militari. A dimo­s­trarlo è l’ingegner Luigi De Stefa­no, un perito giudiziario 60enne famoso per aver cercato di far lu­ce sui misteri dell’ae­reo dell’Itavia abbattu­to nei cie­li di Usti­ca.

«Guar­dando il do­cumento mes­so in onda il 4 aprile dal Tg1 e dal Tg2 –spiega a Il Giornale il peri­to giudiziario – bal­za immediatamen­te agli occhi che si tratta di un documento chiara­mente contraffatto, realizzato con due macchine da scrivere di­verse. In quel documento notia­mo delle alterazioni evidenti. Ci sono delle cancellazioni, dei testi sottotraccia e dei timbri che non quadrano. Abbiamo davanti una perizia passata da più mani dopo la sua stesura originale e alterata per dimostrare conclusioni diver­se e­più favorevoli alla versione so­stenuta dalla parte indiana».

Andiamo con ordine. La ricerca dell’ingegner De Stefano parte dalle riprese televisive del docu­mento di 36 pagine trasmesso al magistrato di Kollam dal direttore del laboratorio di Thiruvanantha­puram, l’istituto dove si è svolta la perizia balistica sui proiettili tro­vati nello scafo del peschereccio e nei cadaveri dei due pescatori. Il documento è redatto usando non un computer, ma una vecchia macchina da scrivere meccanica. Una macchina antiquata maneg­giata da un dattilografo esperto che elenca minuziosamente i vari reperti andando a capo di volta in volta. Quando si arriva ai reperti 1.4 e 2.3. – ovvero quelli cruciali perchè relativi ai proiettili ritrova­ti sul peschereccio e nel cadavere del pescatore Valentine Jalestine – la meccanica precisione del datti­lografo scompare. Gli «a capo» non sono più allineati, sul foglio s’intravvede l’ombra di righe can­cellate, persino i caratteri appaio­no assolutamente diversi.

«Confrontando anche ad oc­chio nudo i numeri di protocollo e il nome del pescatore Mr. Ajeesh Pink- spiega il perito – appare evi­dente che sono stati aggiunti suc­cessivamente usando un’altra macchina da scrivere con caratte­ri diversi. Sono parti posticce ag­giunte dopo aver cancellato un te­sto preesistente. Il testo originale è ancora evidente sotto traccia sul lato sinistro del foglio».

Gli ingrandimenti delle righe ar­­tefatte, aggiunte in zone dove il te­sto originale è stato chiaramente cancellato o sbianchettato, fanno capire che la maldestra falsifica­zion­e serve a far sparire conclusio­ni diverse da quelle inserite.

Un al­tro elemento assai sospetto è il tim­bro rosato che appare sul fronte­spizio del documento e sembra convalidare ogni foglio della peri­zia. Sopra il punto 2.3, quello con il nome del pescatore Valentine Ja­­lestine, il timbro sembra aggiunto successivamente alle correzioni.

«Un perito – spiega De Stefano ­parte sempre dall’analisi dell’ori­ginalità di un documento. In que­sto caso mi sembra evidente che gli indiani hanno venduto prima ai propri giornalisti e poi al corri­spo­ndente della Rai una perizia al­terata in diversi punti cruciali. Par­tendo da queste premesse tutte le risultanze e le conclusioni appaio­no irrilevanti perché si tratta con molta probabilità di un falso».

Un falso che dimostra una volta di più come la vicenda dei due ma­rò sia solo una partita truccata e che ora gli indiani vorrebbero chiudere con una perizia fasulla.